La diciottesima legislatura repubblicana si è conclusa come in molti si aspettavano: nemmeno l’uomo più forte ed autorevole che l’Italia degli ultimi anni ha potuto esprimere è stato in grado di reggere l’urto di quel morbo virulento (altro che il Covid) che si chiama partitocrazia. Per chi analizza la situazione italiana dal nostro punto di vista, ovvero quello di chi vive da tempo nel più completo disincanto e disinteresse rispetto alle “passioni” della politicanza, sarebbero tante le cose da dire.
Proviamo un pò a fare una valutazione complessiva che sia la più equilibrata possibile e nel farlo partiamo dalla fine dell’esperienza del governo Draghi. Innanzi tutto bisogna far mente locale sul fatto che anche questa legislatura si è conclusa prima della sua scadenza naturale, al pari della metà del totale dal 1948 ad oggi, sebbene abbia visto avvicendarsi ben tre diversi governi.
Detto ciò, crediamo di non compiere un errore di valutazione se affermiamo che di questa crisi sono quasi tutti soddisfatti, o comunque ben pochi gli insoddisfatti. A parte qualche ministro, che intravede nubi scure all’orizzonte su un suo possibile ritorno a Palazzo Chigi se non addirittura su una riconferma parlamentare, il primo ad essere contento è proprio Mario Draghi. Al di là della lacrimuccia di circostanza, che ha reso più umano un tecnocrate algido e iper-razionale ma che probabilmente è proprio la prima mossa della sua campagna elettorale, riteniamo che l’ex BCE sia uno di quelli che più guadagni dal distacco della spina al suo governo. E di ciò egli è perfettamente consapevole. Innanzi tutto ha fatto compiere ad altri il taglio del cordone ombelicale sebbene egli stesso fosse più che convinto che la vita del governo era giunta all’epilogo. In questo modo, durante la campagna elettorale, saranno Conte ed i suoi falchi i principali artefici dell’irresponsabile gesto della caduta di un governo in piena congiuntura negativa e nel mezzo di importanti appuntamenti politici.
Tra i tanti soddisfatti c’è ovviamente Giuseppe Conte, il quale potrà fregiarsi di una medaglia “pesante” da mostrare in giro per l’Italia ai 5stelle duri e puri (quindi con una penalizzazione evidente in termini elettorali) i quali avranno già dissotterrato l’ascia di guerra e saranno pronti a serrare le fila contro i poteri forti in perenne agguato: la medaglia dell’eroe senza macchia e senza paura che ha osato sfidare il gigante.
Un pò meno soddisfatto di Conte, ma sempre con un elevato grado di appagamento, è certamente Matteo Salvini. Anche se in 5 anni è riuscito a dimezzare I consensi del suo partito ed ha fatto venire i mal di pancia al governativo Giorgetti, il “capitano” si rimette in competizione sul suo terreno preferito, quello della sfida elettorale. Per giunta in piena stagione estiva e con le spiagge stracolme di gente: un vero colpo di fortuna!
Soddisfattissima invece, dopo tanto abbaiare alla luna, la discepola di un certo Gianfranco Fini, quella Giorgia Meloni di cui sono noti (almeno a noi che abbiamo un pò di memoria) gli amorosi sensi a corrente alternata, ora per una destra conservatrice ed identitaria, ora per un europeismo acritico e di maniera. Come una novella e postmoderna Giovanna d’Arco la signora Meloni non si preoccupa troppo di cavalcare un giorno l’intransigenza di qualche desaparecido neomissino e un altro giorno la politica possibilista di chi aspira a fregiarsi di un minimo di credibilità governativa. Come già fatto da Salvini nella scorsa legislatura, staremo a vedere con quale risultati in termini di coerenza e morale politica.
Sicuramente meno soddisfatti dei signori sopra citati, ma pur sempre abbastanza soddisfatti, sono anche Luigi Di Maio e Matteo Renzi. Il primo perché è riuscito a sganciarsi dai signorno’ pentastellati che ne volevano addirittura la non ricandidabilita’ e nel farlo si è comunque portato dietro una buona fetta di parlamentari: vedremo se e quanto rappresentativi dell’anima profonda del movimento.
Quanto al senatore fiorentino, dato sull’orlo dell’estinzione politica fino a pochi giorni fa, potrebbe riuscire a tessere quella tela dorotea che gli permetterebbe di essere parte di un grande centro in compagnia di dimaiani, calendiani e forzaitaliani alla deriva. O magari potrebbe essere uno dei senatores di una futura coalizione di unità nazionale capeggiata proprio da Mario Draghi. In entrambi i casi avremo ritrovato assieme un duo d’altri tempi: De Mita/Forlani reincarnati nella coppia Renzi/Calenda.
Dulcis in fundo troviamo il cavalier (anzi ex) Berlusconi. Per la verità, non è facile capire molto su di lui: forse crede di poter essere ancora il grande mediatore all’interno di un centrodestra di nuovo numericamente vincente o comunque competitivo fino al punto di arrivare ad una situazione di stallo nel dopo urne. E in tal caso, magari con un pugno di voti di poco superiore alla soglia di sbarramento, potrebbe lucrare benefici politici inaspettati grazie alla sua tendenza moderata. Insomma, alleato dei destri risoluti, ma pronto a smarcarsi verso il centro se a vincere fossero gli altri. A proposito di doroteismo postmoderno!
Che dire dunque? Se anche una certa percentuale di queste ipotesi si realizzasse o se il quadro che abbiamo dipinto fosse possibile, c’è da pensare che a fronte dei pochi personaggi soddisfatti testé citati, milioni saranno quelli che dovrebbero essere ben poco contenti. Ed anche a ragione. È ormai una specie di postulato che quando la classe politica italiana gongola, gli italiani devono essere seriamente preoccupati.
Ecco allora che ci vorrebbe una inversione dei ruoli: gli italiani dovrebbero disinteressarsi totalmente della rappresentazione che sono chiamati ad avallare e lasciare la partitocrazia autoreferenziale ai propri bisogni di autorappresentazione.
Quando tutto ciò avverrà, con la stragrande maggioranza dei comuni mortali che smetterà di curarsi di lor signori, quando a guardare Porta a Porta ci rimarranno quattro gatti e quando alle elezioni le urne suoneranno come un barattolo vuoto, beh allora vorrà dire che un popolo ha riconosciuto il suo nemico e che ha smesso di credere ai falsi profeti che si ergono a novelli salvatori della patria. Quando questi segnali saranno veramente concreti potremo dire che il vento avrà cambiato direzione. Diversamente la farsa andrà avanti ed ognuno continuerà a recitare il ruolo assegnatogli in un copione ormai stantio.
Fernando Volpi
12.08.2022