Ottobre 1542.
La città transilvana di Kronstadt (in romeno Braşov, in ungherese Brassó), abitata all’epoca soprattutto da sassoni, aderisce alla Riforma luterana; ce lo dice l’organista della chiesa di Kronstadt, Hieronymus Ostermayer (morto nel 1561), autore di una cronaca coeva in tedesco: “nel medesimo anno (1542). Nel mese di ottobre, noi incominciammo a tenere la Messa luterana nella chiesa di Kronstadt e abolimmo la Messa papista, per l’onore di Dio e del suo santo nome. Amen. Inoltre il signore Johannes Fux, attraverso quell’uomo molto illuminato e dottissimo del signor Johannes Honterus, istituì la Riforma delle chiese del Burzenland e promulgò lo stesso in stampa” (dal prologo del libro del 2009 di Keul István, Early Modern Religious Communities in East-Central Europe. Ethnic Diversity, Denominational plurality and Corporative Politics in the Principality of Transylvania (1526-1691)
Il Burzenland è una regione nella Transilvania sudorientale, in romeno Țara Bârsei. I Sassoni di Transilvania (giunti nel XIII secolo su invito dei Re d’Ungheria) divennero in breve tutti luterani e tali sono tuttora (i pochissimi che rimangono in loco, soprattutto ad Hermannstadt/Sibiu/Nagyszeben; il presidente romeno Iohannis è sassone). Invece erano e sono cattolici i tedeschi del Banato, “svevi” (Schwaben) e molto più recenti (vi giunsero solo nel XVIII secolo, su invito degli Asburgo per ripopolare le terre tolte al Turco; si rammenti che Temeschburg/Timişoara/Temesvár cessò di essere ottomana solo nel 1716 grazie alle vittorie dell’inclito Eugenio di Savoia).
Dunque i tedeschi della Romania pre-bellica (quando erano molti di più) sono da dividere in due e non bisogna fare confusione, come talora purtroppo si fa.
Le date del libro citato, 1526-1691, si riferiscono: la 1° alla sconfitta ungherese ad opera ottomana a Mohács che pose fine all’Ungheria medievale (morì sul campo anche il Re Lajos II insieme a quasi tutta la nobiltà; nel 1541 a Buda si insediò un pascià ottomano e vi si recitò il Corano, per quasi centocinquanta anni, fino al 2/9/1686, con la riconquista cristiana che, conosciuta a Roma, provocò l’uscita di un foglio di notizie straordinarie e un Te Deum di Innocenzo XI, di beata memoria); la 2° al passaggio della Transilvania sotto gli Asburgo, cui resterà fino al 1918 (dal 1867 incorporata direttamente all’Ungheria).
In questi 165 anni la storia transilvana è bellissima, importante e poco conosciuta purtroppo. La Transilvania testimoniò allora la Riforma e alla fine divenne lo Stato delle 5 confessioni e delle 4 Nazioni.
Le 5 confessioni erano il
- il cattolicesimo romano
- il luteranesimo
- il calvinismo
- l’unitarianesimo (neo-arianesimo, socinianesimo)
- l’ortodossia greca (dei romeni, che all’epoca erano tenuti in servitù e non avevano diritti)
Le 4 Nazioni erano:
- i tedeschi (cioè i sassoni, tutti luterani)
- gli ungheresi (in parte cattolici, in parte calvinisti, in parte unitariani ad esempio a Kolozsvár/Cluj/Klausenburg)
- i Secleri o Siculi (Szekler, Székely, Secui), affini agli ungheresi, soprattutto cattolici ma anche unitariani e, privi di diritti
- i romeni (valacchi, si diceva), tutti ortodossi [dal 1700 molti greco-cattolici]
Il potere spettava, dal XV secolo, alla Unio Trium Nationum (ungheresi, secleri e sassoni), con esclusione assoluta dei valacchi (traccia di ciò persisterà fino al 1918). La storiografia ungherese nega che i valacchi fossero maggioranza in quelle epoche come invece, senza alcun dubbio erano nell’Ottocento, e li vuole immigrati tardi, donde infuocatissime diatribe con gli storici romeni, ancora oggi, ma soprattutto nei ’20, ‘30 e ’40 dello scorso secolo.
Marzo 1921.
Centouno e più anni fa, era al culmine l’insurrezione di “Kronstadt la rossa” (Kronštadtskoe vosstanie), uno dei caposaldi bolscevichi nel Baltico, il cui grande ruolo nel periodo rivoluzionario (e già prerivoluzionario) è ben descritto da Israel Getzler nel suo libro “Kronstadt 1917-1921. The fate of a Soviet democracy”, Cambridge University Press, 1983
I marinai e gli operai rossi di Kronstadt, disillusi dal regime (burocrazia, arroganza dei commissari spietati e sovente corrotti, povertà, tradimento degli ideali, etc.), diedero uno scossone al potere bolscevico, che per un attimo parve vacillare giacché tutto si aspettava tranne un’insurrezione dei più rossi fra i rossi, quali erano i marinai e gli operai di Kronstadt: era però troppo tardi, e l’insurrezione verrà presto repressa in modo estremamente duro da Trockij su ordine di Lenin (la “macchia di Kronstadt” alla reputazione del loro idolo continua a dare problemi a certo trozkismo e si è tentato –in modo non storico- di affibbiare la responsabilità primaria della repressione di Kronstadt a Stalin il “cattivo” per antonomasia; orbene Stalin fece diverse cose tremende e spaventose, ma Kronstadt non era fra queste o quantomeno il suo ruolo fu meramente da comprimario; la repressione di Kronstadt, e il modo brutale con cui fu effettuata, è tutta ascrivibile a Trockij come del resto lui stesso se ne vantò illo tempore)
Su Kronstadt, opera essenziale resta la monografia di Paul Avrich “Kronstadt, 1921”, Princeton University Press 1970. Ma, seppur viziata da una aprioristica simpatia e “indulgenza” verso il suo beniamino, vi è molto di utile nella monumentale biografia di Lev D. Bronštejn da parte di Isaac Deutscher; molto interessanti le pagine di Louis Fischer, già credente in Lenin [e questo lo ammise] e financo in Stalin [e questo cercherà puerilmente di negarlo] ma all’epoca in cui scrisse un’acuta “Vita di Lenin” ormai antibolscevico. Inoltre, sempre utile, per i fatti, abbiamo William H. Chamberlin “Storia della rivoluzione russa” (anche in italiano, Il Saggiatore, ottima cronologia alla fine del terzo volume).
L’insurrezione di Kronstadt fallì in tutto?
Negli obiettivi dei suoi promotori, si. Furono spazzati via e infamati, senza lasciare traccia in URSS (e ben poco pure oggi) ma l’insurrezione fornì l’ultimo stimolo per convincere Lenin, già preoccupato delle follie e dei disastri del “comunismo di guerra”, che non bisognava tirare troppo la corda; l’8/3/1921 Vladimir Il’ič al X Congresso del RKP (b) annunciava la NEP “Nuova Politica Economica” e i russi e gli altri popoli dell’ex-Impero poterono respirare per sette-otto anni.
Breve digressione.
Quel Congresso condannò anche la cosiddetta “opposizione operaia” (fra cui c’era la Kollontaj che farà più tardi una brillante carriera diplomatica a Stoccolma sotto Stalin) e stabilì il “centralismo democratico”, eliminando il frazionismo, creando così i “partiti comunisti” classici che tutti conosciamo.
Il 18 marzo la pace di Rīga con la Polonia chiuse le dispute territoriali; il potere sovietico aveva ormai fatto trattati, a ovest, in questo ordine:
- Estonia, 2/2/1920, a Tartu
- Lituania, 14/7/1920, a Mosca
- Lettonia, 11/8/1920, Mosca
- Finlandia, 14/10/1920, a Tartu
- Polonia, 18/3/1921, a Rīga
Solo la Romania non fece trattati con la RSFSR: ben presto i romeni se ne pentiranno…infatti la Bessarabia, in mano romena dal 9/4/1918 n.s,, restò l’unica parte del territorio del vecchio Impero russo a non essere ceduta de iure con tutti i crismi e il Cremlino e questa volta non del tutto a torto da un punto di vista giuridico-continuerà a reclamarne la sovranità, come erede del vecchio Impero, qualità che gli riconobbe implicitamente pure la Romania quando il 9/6/1934 stabilì relazioni diplomatiche con l’URSS.
All’epoca la Romania il trattato l’avrebbe pure firmato, era l’URSS a non volerlo più, i romeni persero l’occasione negli anni di Lenin allorché i sovietici erano deboli e verosimilmente avrebbero ceduto la Bessarabia lontana in cambio del riconoscimento come cedettero ben altro a polacchi, baltici e finlandesi.
In realtà nel 1936 i sovietici l’avrebbero firmato, non senza ottenere privilegi però, e Titulescu era pronto a fare concessioni politiche e militari ma Carol II lo depose, ma questa è un’altra storia che si inserisce in un contesto ormai ben diverso da quello del 1921.
In quel marzo 1921 furono fissate anche le frontiere caucasiche con la Turchia kemalista (16/3/1921) e a fine febbraio 1921 erano stati fatti i trattati con la Persia (26 febbraio) e l’Afghanistan (28 febbraio); il 16/3/1921 fu inoltre concluso un accordo commerciale con Londra (ove fu inviato Krasin).
Massimo Vassallo
04.12.2022