Argomento particolarmente delicato è quello della custodia cautelare, ovvero quella misura coercitiva attraverso la quale l’indagato viene privato della sua libertà nonostante non sia ancora stato riconosciuto colpevole di un reato. Su tale materia ogni paese ha una propria normativa che disciplina il ricorso a tale misura, tuttavia esistono delle convenzioni internazionali che dettano alcuni limiti al ricorso a tale pratica, come nel caso della Convenzione europea del Diritti umani. Questa Convenzione è finalizzata a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa, essa nasce in seno al Consiglio d’Europa che non è da confondersi con l’Unione Europea.
L’articolo 5 comma 1 lettera c della suddetta Convenzione prevede che nessuno possa essere privato della libertà se non in specifici casi richiamati dalla Convenzione stessa, ma soprattutto questo deve essere adeguatamente motivato. A livello statistico, nel 2016 anno della rilevazione da parte di Fair Trials, circa il 22% della popolazione carceraria europea era composta da persone in attesa di giudizio, ma un dato ancora più allarmante arriva dall’Italia dove la percentuale dei detenuti in attesa di giudizio saliva al 34.6%.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è tornata più volte su tale argomento attraverso diverse sentenze le quali hanno condannato il ricorso alla carcerazione preventiva per lunghi periodi, come nel recente caso di Sergei Magnitskiy, incarcerato per circa un anno in assenza di prove concrete ma solo in presenza di “buone ragioni”; durante tale periodo il Magnitskiy morì in carcere, oppure il caso di Alexander Balakin, il quale venne trattenuto in regime di carcerazione preventiva per quasi due anni e mezzo in attesa di processo. Recentemente i giudici di Strasburgo hanno condannato anche l’Italia a risarcire una somma pari a 36.400 a titolo di danni morali per una detenzione preventiva di 2 anni, talaltro in piena incompatibilità con le condizioni psicofisiche del detenuto, rilevando che “i governi hanno l’obbligo di organizzare il sistema penitenziario in modo da garantire il rispetto della dignità dei detenuti, indipendentemente da qualsiasi difficoltà finanziaria o logistica”.
Nell’ambito comunitario è significativo il contenuto del Libro Verde pubblicato nel 2004 dove la misura cautelare viene considerata di natura eccezionale “ la custodia cautelare in attesa del processo deve essere considerata una misura eccezionale, e dovrebbe essere fatto il maggior ricorso possibile a misure di controllo non detentive.”
E’ doveroso evidenziare che i trattati internazionali non influiscono direttamente nel diritto interno dei paesi e ciò si traduce nel fatto che spesso i principi in essi contenuti rimangono disattesi, come ad esempio in ambiti particolarmente delicati come quelli di natura penale.
Abbiamo visto come già nel 2006 con il rapporto di Fair Trials, l’Italia era tra i primi per il ricorso alle misure fi custodia cautelare, dal 2015 il monitoraggio su tali provvedimenti avviene su base annuale, infatti l’ art. 15 della L. 47/2015 impegna il Governo a presentare, su base annuale, una relazione al Parlamento sulle misure cautelari inflitte dai giudici italiani; per l’anno 2020 risultano emesse 24.928 custodie cautelari in carcere e 21.949 custodie agli arresti domiciliari, mentre il numero totale di misure cautelari ( incluse quelle non detentive) è di 82.199.
Sempre dallo stesso rapporto si legge che nel 2020 sono stati definiti solo 31.455 procedimenti che avevano portato l’emissione di altrettante misure cautelari, su tali procedimenti 3.331 si sono conclusi con l’ assoluzione o il proscioglimento, quindi 1 caso su 10.
Simone Castronovo
14.04.2022