Lun. Set 16th, 2024

Emanuela Saba

 

La storia dell’antica Grecia classica affonda le proprie radici storico culturali nell’età del Bronzo quando civiltà come quella minoica prima e quella micenea che la segue, hanno creato le basi di tutta la mitologia, la religione, e anche la letteratura, che oggi conosciamo. A queste civiltà dobbiamo anche quell’evoluzione sociale, collettiva e politica che conosciamo con il nome di età Arcaica. L’epoca in cui nuovi importanti cambiamenti[1] portarono a quella ripresa economica e socio-culturale che culminerà con la nascita delle “poleis”.

Con il termine polis, che letteralmente significa “rocca fortificata”, “città”, “capoluogo”, si indicava una comunità politica, la “cittadinanza”, la “città-stato” e in senso generale lo “Stato”.

L’origine delle prime poleis si data approssimativamente al VIII sec. a.C. quando, a quanto testimoniano le fonti, si ebbe un graduale aumento della popolazione, con la conseguente necessità di ampliare i confini dei propri territori in cerca non solo di spazi ma anche di risorse, questo ed altri diversi fattori fortuiti determinarono per le comunità la necessità di concentrarsi in centri comuni di aggregazione, in modo che si potesse gestire al meglio la nuova realtà collettiva.

Premesso ciò possiamo dire che le diverse poleis hanno sperimentato un simile processo politico (nel senso stretto del termine, in quanto questo deriva proprio dal greco politiké che significa “governare la polis”), anche se ogni polis col tempo ha sviluppato un proprio assetto politico peculiare (monarchico, democratico, oligarchico ecc).

Secondo le fonti storiche, ogni polis era autonoma e indipendente, godeva dunque della possibilità di portare avanti una propria politica estera, tuttavia vi erano momenti durante i quali la singola polis perdeva parte del proprio potere decisionale sul piano politico; questo avveniva quando essa entrava a far parte di un’alleanza fra più poleis, ossia come Stato membro di uno Stato federale, o di un’alleanza militare. In questi casi si assoggettava così di fatto al relativo governo centrale e all’autorità della relativa potenza egemone.

Le caratteristiche principali dello stile di vita greco, espresse nell’ambito della polis, erano la partecipazione alla vita comunitaria a livello politico-sociale e a livello religioso, che ne determinarono la divisione e la configurazione dello spazio insediativo.

Le fonti, infatti, consentono di rilevare una distinzione fra spazio pubblico e spazio privato.

Lo spazio pubblico era diviso in spazio sacro e profano. Gli spazi religiosi si distinguevano a loro volta in luoghi sacri all’interno delle mura cittadine e quelli fuori da esse. A questo proposito è interessante sottolineare il ruolo dei santuari suburbani, che appare di primaria importanza anche rispetto ai santuari cittadini. Lo spazio religioso suburbano era dedicato alle manifestazioni della religiosità comunitaria con l’insediamento di santuari o di altari dedicati alle divinità.

Oltre alla polis, la realtà politica della Grecia antica comprendeva anche altre forme di organizzazione, come gli stati federali (i cosiddetti ethne e i koiná per esempio) e gli stati territoriali (dalla Siracusa di Dionisio I ai regni ellenistici).

Soffermiamoci sulle forme organizzative federali: l’ethnos era una federazione di persone appartenenti a determinate etnie abitanti un certo territorio appartenuto un tempo ad una stessa stirpe; la koinè era invece l’unione di popoli o polis diverse con un comune interesse convergente.

Durante il V secolo, nelle poleis greche si arrivò ad una piena maturità politica e istituzionale. In città come Atene, Sparta, Corinto, Tebe e altre, oltre ad un profondo senso di politica cittadina va via via crescendo anche l’esigenza di fondare trattati e alleanze con altre città limitrofe, nasce quindi la necessità di trovare dei sistemi al fine di raggiungere un equilibrio politico, economico e culturale tra più poleis e comunità autonome. Crebbe così l’interesse a stringere alleanze interstatali (quindi tra diverse poleis), questo genere di accordi poteva essere di diversa natura. Gli interessi che portavano al costituirsi in alleanze, per esempio, potevano essere legati al suddetto ethnòs, connessi alla pratica di un medesimo culto presso uno stesso santuario, associati a guerre o ancora legati a motivi economici; all’interno di queste alleanze si stringevano patti e accordi commerciali.

Nei prossimi capitoli saranno analizzate in particolare le alleanze nate tra poleis accomunate dal medesimo culto in uno stesso santuario e di vere e proprie leghe che nascevano per scopi militari. Verrà anche preso in considerazione uno degli esempi a noi meglio noto di Stato federale o confederazione, affinché si possa avere una visione il più possibile completa della materia in oggetto.

Per introdurre qualsiasi argomento storico è necessario prima fare una premessa filologica: tutte le informazioni a noi note riguardanti la storia della Grecia antica sono state ricavate da documenti scritti della medesima epoca. L’importanza delle fonti è certamente indiscutibile, tuttavia non si può prescindere dal fare alcune considerazioni relative a queste importanti opere. Prima di tutto è necessario considerare il periodo in cui sono state scritte. Se sono contemporanee infatti potrebbero cambiare a seconda dell’autore che ne scrive, infatti saranno sicuramente influenzate dalle sue origini, posizioni o tendenze politiche e in generale dal momento storico stesso.

Oppure potrebbero essere raccontate in un periodo più tardo rispetto al verificarsi dell’evento, e quindi riportate per sentito dire e non per conoscenza diretta. Questo fattore del momento storico è ben evidenziato nel teatro tragico greco e in particolare nei tre autori principali: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Vissuti ad Atene ma in epoche diverse, essi hanno descritto gli stessi temi e nelle loro diverse versioni dei vari miti è facilmente riconoscibile il periodo politico che la città viveva. Arrivando in alcuni casi a raccontare lo stesso mito in chiave completamente opposta.

Un’altra considerazione sostanziale riguarda il fatto che fin dalle prime fonti scritte alle quali facciamo riferimento nel ricostruire la storia greca è sempre stato necessario tradurre da una lingua antica. Appare chiaro che la storia greca come noi la conosciamo sia il risultato di versioni e spesso di interpretazioni successive che ovviamente a seconda dell’epoca, di chi si occupa della traduzione, possono differire notevolmente le une dalle altre, per non parlare del fatto che il greco antico era spesso frutto di gerghi dialettali che attualmente non sono più in uso, possiamo dunque solo supporre veritiera e dunque proporre una certa versione della fonte.

Per ovviare a questi limiti delle fonti è possibile tuttavia, per una lettura il più possibile oggettiva, incrociare più fonti (storiche ma anche archeologiche) per far si che oggetti e fatti possano essere ricostruiti in modo il più possibile filologicamente corretto o comunque vicino alla realtà dei fatti.

Nella formazione della polis giocò un ruolo fondamentale, come abbiamo anticipato, il legame tra piccole collettività occupanti territori regionali più o meno limitati. Popoli estremamente legati dunque al proprio territorio. Ciò si traduceva in un vigoroso orgoglio e un profondo attaccamento del cittadino alla propria polis, sentimenti che, col tempo, comportarono tenaci destabilizzazioni e da questa instabilità fra una polis e l’altra nacque col tempo la spinta, e talvolta la necessità di costituirsi in alleanze.

Altre cause di cui abbiamo accennato in precedenza, inoltre, spinsero verso la formazione di federazioni di polis (che come abbiamo visto erano vere e proprie città stato). In certi casi la ragione fu quella di riunire, sotto un unico Stato federale, i popoli che parlavano un dialetto o una lingua uguale. Queste forme federali sono i cosiddetti ethnè di cui abbiamo già parlato. Un’altra peculiare causa che portò i popoli a stringere alleanze fu anche il succedersi delle diverse guerre che si combatterono nei diversi secoli in Grecia, ne fu un esempio le alleanze costituitesi durante le Guerre Persiane. I popoli del Peloponneso, infatti, dovettero formare una grande alleanza con i popoli dell’Attica e della Tessaglia con lo scopo di rispondere alla forza dell’esercito persiano, la cosidetta Lega Panellenica (letteralmente “lega di tutti i greci”).

Queste alleanze nate in risposta ad una specifica necessità di difendersi venivano dette simmachie e la durata di tali alleanze poteva essere continuativa o legata alla durata della guerra stessa.

Anche la comunanza di tradizioni e soprattutto di culti, poteva determinare le basi per un’alleanza religiosa come nel caso delle anfizionie.

Le anfizionie (dal greco amphiktionìa, indicante “il vicinato”) erano dunque delle congregazioni di tipo religioso che legavano le popolazioni, sia di territori limitrofi sia distanti tra loro, accomunate dal culto della medesima divinità presso uno stesso santuario. Questo tipo di accordo prevedeva l’unione di poleis che provvedevano alle necessità di un santuario in comune: finanziavano lo svolgimento dei sacrifici, la costruzione degli edifici e la gestione del culto. Ogni polis, demandava un delegato con il compito di partecipare all’assemblea che si teneva a cadenza regolare, durante la quale si discutevano argomenti e si prendevano decisioni attinenti al santuario[2]. L’assemblea aveva anche l’obbligo di versare dei tributi a finanziamento delle suddette spese ordinarie e straordinarie del santuario.

Per quanto ci è dato sapere, le anfizionie sono accertate sia dalle fonti storiche che da quelle archeologiche, che riferisono di un’origine molto antica di questo tipo di alleanza. Pare siano infatti legate al periodo in cui i gruppi linguistici di immigrati nomadi divennero gradualmente stanziali, iniziando a praticare l’agricoltura in forma sempre più estesa. In questo periodo vennero eretti santuari legati ai culti propiziatori agrari e in questi si svolgevano numerose feste religiose.

Presto i problemi legati alla cura da prestare alla divinità (sacrifici, orazioni, riti da dedicargli), al mantenimento dei sacerdoti ed ai diritti e doveri dei visitatori, comportarono la necessità di costituirsi in vere e proprie associazioni cultuali formate dai singoli gruppi di persone che frequentavano regolarmente il santuario e che si occupavano liberamente di sbrigare tali problemi. Successivamente con tutta probabilità, sempre più popoli limitrofi e non si ritrovarono a venerare una stessa divinità nello stesso santuario, ciò indusse a stabilire in modo strutturato delle disposizioni concernenti l’attività regolata del santuario stesso: con la creazione delle anfizionie appunto[3]. E’ questo il caso, per esempio, della Lega delfico-pilaica che si istituì intorno al santuario di Delfi, come vedremo in seguito.

In prospettiva federale il santuario anfizionico appare, dunque, come il perno dell’organizzazione tra membri dipendenti giuridicamente equiparati, capace di assicurare ad essi il medesimo grado di partecipazione dei vantaggi connessi alla venerazione della divinità o alla frequentazione del santuario, ma che richiedeva anche le medesime prestazioni sul piano cultuale e materiale nei confronti del santuario stesso. La pratica di un’amministrazione anfizionica era però legittimata non dagli interessi politici dei membri (teoricamente), bensì dalle idee tradizionali della volontà e della benedizione della divinità venerata[4]. All’interno dell’anfizionia vi era un organo principale che si occupava di gestire e prendere le decisioni per il santuario: questo organo era un’assemblea che poteva essere composta in diversi modi a seconda della scelta di ogni anfizionia.

Spesso, nei sistemi anfizionici, ricorreva il numero di dodici Stati membri, probabilmente non si trattava di una casualità, ma potrebbe risalire al carattere magico di questa cifra, forse anche ai dodici mesi (le lunazioni) dell’anno, cosicché ogni Stato membro potrebbe essere stato responsabile dell’amministrazione del culto per un mese lunare all’anno.

Nonostante i vari tipi di alleanze fossero ben differenti le une dalle altre sembra assolutamente certo il fatto che ogni tipo di accordo potesse in qualsiasi momento generarne un altro parallelo e contemporaneo. Ne fu un esempio la Lega di Delo, nata come anfizionia e confluita in quella che successivamente verrà chiamata dai contemporanei “Atene e i suoi alleati”, una vera e propria simmachia. Poteva anche accadere che si originasse un’anfizionia o una simmachia all’interno di ethné per un determinato periodo. Infatti è interessante notare che nessuna di queste forme di struttura federale ne escludeva un’altra, esse potevano esistere per un certo periodo contemporaneamente o addirittura cedere il posto ad un’altra tipologia di contratto.

Tra tutte le anfizionie esistenti analizzeremo la Lega delfico-pilaica, nata intorno al santuario di Delfi e nel quale la divinità venerata fu Apollo.

Nella Focide meridionale su un ripido pendio del monte Parnaso, da cui si domina la vallata solcata dal fiume Pleistos (nei pressi del Golfo di Corinto), si ergeva il santuario di Delfi, di cui ancora si conservano i resti archeologici. La posizione era certamente strategica. Era infatti posto all’incrocio di due grandi itinerari: uno che dall’Attica e dalla Beozia si dirigeva ad Occidente e l’altro che collegava la Tessaglia con l’Istmo di Corinto.

Il santuario di Delfi fu eretto in una precedente area sacra Micenea probabimente dedicata a Gea (divinità primordiale, legata alla terra, una divinità materna). Per questa ragione le origini del sito vengono fatte risalire al X-IX sec. a.C.

Il Santuario di Delfi era ritenuto dai greci l’ombelico del mondo; il termine Delfi stesso deriva dal greco antico δελφύς, che significa utero, sembra dunque di poter scorgere in qualche modo un continuum con il culto precedente. Il santuario era dedicato al dio Apollo, ma diversi erano i templi che sorgevano nell’area del santuario.

Apollo venerato a Delfi era conosciuto con gli epiteti di Delfico e Pizio. Quest’ultima parola lo indica come colui che sconfisse il pitone. Nella leggenda Pitone era il figlio di Gea.

Il santuario godette di una particolare importanza per l’intero popolo greco per via del famoso oracolo attribuito al dio.

Secondo le fonti storiche fin dai tempi più antichi una Sacerdotessa, la Pizia (considerata la voce di Apollo), emetteva vaticini e responsi ai quesiti che le venivano posti dai devoti mentre, seduta su un tripode, masticava una foglia d’alloro.

Secondo altre fonti si dice che la Pizia, inalando i vapori provenienti dal ventre della terra[5], entrasse in trance e secondo la tradizione il dio, che le possedeva, parlava per bocca loro con parole ambigue ed oscure e frasi sconnesse. Un sacerdote trascriveva queste frasi, le interpretava ed infine dava il responso all’interrogazione, indicando a coloro che accorrevano eventuali disegni da mettere in atto affinchè si risolvesse il problema per cui si rivolgevano ad ella. In generale i responsi dichiaravano a quale dio dovessero farsi sacrifici affinché un’impresa fosse coronata dal successo, o cosa si sarebbe dovuto fare per superare determinati ostacoli o ancora enunciava eventuali riti con i quali espiare colpe.

L’oracolo veniva consultato sempre, prima di ogni importante circostanza. Per esempio prima della fondazione di nuove città e delle nuove colonie greche[6]: per esempio i coloni giunsero in Italia guidati dai consigli di Apollo ed il tripode presente sulle monete coniate a Crotone, appare come un chiaro riferimento all’oracolo delfico manifestando il nesso tra le fondazioni di una nuova colonia e la vigile direttiva di Apollo al quale i coloni si erano rivolti per avere l’indicazione di dove fondare la nuova città.

L’oracolo di Delfi veniva altresì interrogato prima di ogni importante battaglia e prima di intraprendere qualunque impresa o di prendere qualsiasi importante decisione fosse essa pubblica o privata.

Ad onor del vero l’autorevolezza dell’oracolo e, dunque, l’influenza politica dello stesso, era tale che alcuni storici hanno parlato di politica delfica.

Con questa locuzione si intende una strategia politica che si approfittava dell’ambiguità delle profezie della Pizia, le quali anche se scritte si prestavano ad interpretazioni diverse che potevano essere sfruttate da chi le riceveva a sua convenienza.

Per citare un famoso esempio, durante la Seconda guerra Persiana lo stratega ateniese Temistocle[7], prima dell’inizio degli scontri, si era servito dell’interpretazione tendenziosa di un oracolo pronunciato dalla Pizia, ove si alludeva ad un muro di legno invincibile, per convincere i concittadini della validità dei suoi disegni. Temistocle interpretò quel responso ritenendo che il muro non dovesse essere interpretato come l’invito a barricarsi dietro alte mura nelle città, ma che fosse riferito invece in qualche modo al legno delle sue navi. Usò, quindi, quest’interpretazione per opporre la sua strategia a quella degli spartani che come sappiamo dalle fonti persero trecento soldati del proprio esercito e settecento soldati Tespiesi che si immolarono in guerra presso le Termopili, per ritardare l’avanzata persiana verso il Peloponneso. Ad un mese dalla disfatta delle Termopili, avvenne la battaglia navale decisiva presso l’isola di Salamina, vinta dai Greci grazie proprio al piano di Temistocle. Questo può dare un’idea di quanto il ruolo dell’oracolo potesse influenzare la politica perfino in situazioni così rilevanti.

Un’altra importante peculiarità del Santuario di Delfi fu che divenne col tempo un luogo in cui tesorizzare i propri beni. Fu così che a partire dalla fine del VII secolo a.C. le polis greche, in particolare quelle che aderivano all’anfizionia, cominciarono a depositare presso il santuario i propri tesori votivi. Questi venivano custoditi all’interno di apposite “cappelle” chiamate θησαυρόι (thēsauròi), costruite a spese della polis depositante, e spesso avevano un valore propagandistico.

Il santuario di Apollo è noto anche per alcune delle frasi scolpite sul frontone, tra le quali di grande interesse è la famosa frase γνῶθι σεαυτόν, conosci te stesso, ripresa da Socrate e successivamente da Platone. I due filosofi interpretano la frase in modo completamente opposto. Se per Socrate la frase sta a ricordare all’uomo di riconoscere il suo posto rispetto a Dio riconoscendo quindi i propri limiti, Platone, nell’Alcibiade Maggiore, sostiene che per conoscere adeguatamente noi stessi, dobbiamo guardare il divino che è in noi (concetto ripreso poi da Sant’Agostino, il quale scrisse “Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas” ossia «Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell’uomo che risiede la verità»). Il concetto platonico del conosci te stesso è familiari nella corrente dello Gnosticismo.

La lega delfico-pilaica deve il suo nome ai luoghi dove si ergevano i santuari di Apollo a Delfi e di Demetra a Pylai (così veniva chiamata la località vicina al famoso passo delle Termopili). Del primo si è appena parlato, riguardo il secondo invece deve la sua importanza alla sua annessione a quello di Delfi durante il IV sec. a.C. che comporterà l’adozione, a Delfi, del complesso di regole che da secoli erano state stabilite a Pylai.

Per capire questa relazione fra i due templi è necessario sapere che le origini del santuario di Pylai, risalgono ai cosiddetti secoli bui, intorno al VIII sec. a.C. Nel tempio eretto in onore di Demetra, il culto alla dea era praticato in comune da dodici stirpi abitanti nell’area circostante. Tra questi éthne avevano sede in Tessaglia i Tessali, i Perrebi, i Magneti, i Dolopi, i Mali, gli Eniani e gli Ftioti; nell’area della Grecia centrale erano invece stanziati i Locresi, gli Ioni (dell’Eubea e dell’Attica), i Beoti, i Focesi e i Dori. Il santuario di Demetra rappresentava la sede centrale, il luogo in cui si tenevano le adunanze comuni dei dodici membri; nel santuario si trovavano anche i seggi d’onore dei rappresentanti nominati dalle stirpi (chiamati “ieromemnoni”). Possiamo dunque definire questa associazione di 12 stirpi, legate dal culto della stessa divinità nello stesso santuario, un esempio di anfizionia.

Nel IV secolo a.C. nel consiglio anfizionico di Pylai erano attivi due ieromemnoni per ciascuna stirpe, essi erano responsabili dell’organizzazione, della preparazione e del coordinamento delle attività del santuario e dei sacrifici offerti durante le adunanze a cadenze regolari (i Pylaia, che si svolgevano in primavera e in autunno), si occupavano, inoltre, dei contributi donati dai membri per il finanziamento del culto, della festa, degli edifici santuariali e delle infrastrutture per i pellegrini. Se una stirpe membro dell’anfizionia o un suo singolo appartenente, avessero violato i riti, la proprietà santuariale o la tregua sacra connessa alla celebrazione della festa, gli ieromemnoni sarebbero intervenuti procedendo in qualità di giudici[8].

Con l’espansione della supremazia tessala nei territori circostanti, si giunse alla cosiddetta “prima guerra sacra”, condotta contro i Focesi e la loro città di Crisa; durante il conflitto, verso il 590 a.C., un esercito guidato dai Tessali riuscì ad ottenere il controllo sul santuario di Apollo e dunque sull’oracolo di Delfi, assoggettandone l’amministrazione agli Anfizioni del santuario di Demetra a Pylai (da qui il nome che la ricerca moderna usa per tale anfizionia: pilaico-delfica). Considerata l’importanza che gli abitanti della Grecia davano più che al santuario di Apollo, all’oracolo di Delfi è facile capire il motivo per cui l’anfizionia pilaico-delfica finì col divenire un’organizzazione estesa all’intera Grecia, risulta pertanto essere l’associazione a carattere federale, fra Stati greci, territorialmente più estesa. Eppure, stando alle fonti a noi pervenute, il suo ambito di attività si limitava per lo più al culto del santuario di Delfi, che tuttavia, in occasione delle quattro guerre “sacre”, si prestò anche a servire gli interessi politici di diverse grandi potenze della Grecia.

La gestione del santuario delfico, dunque, superava i confini di una città o la demarcazione di un ethnos: l’anfizionia comprendeva poleis ed éthne estese su tutto il territorio greco. Allo stesso tempo era un organismo chiuso a nuovi membri, a città che avrebbero desiderato parteciparvi. Il sinedrio degli hieromnemones, era costituito da un numero preciso di rappresentanti e ad ognuno era riconosciuto un determinato numero di voti. L’accessione di un nuovo membro comportava l’esclusione di un membro attivo ed il trasferimento del voto o dei voti di cui disponeva, nelle mani del nuovo membro. Un esempio notevole fu quando la sconfitta dei Focesi all’indomani della terza guerra sacra, diede l’opportunità a Filippo II di Macedonia di avere un peso nelle questioni della Grecia meridionale, insediandosi al loro posto.

Se di norma si intende che la pratica federale si basa sul trasferimento di parte del potere dai membri ad un organo centrale collettivo, allora l’anfizionia delfica rientra nella categoria delle forme federali. In realtà essa non sostituiva gli stati membri in alcun settore di attività. Spesso non poteva imporre loro neppure i decreti del sinedrio degli ieromemnoni.

Abbiamo visto di quanto potere potesse disporre l’anfizionia, di quanto fosse ben organizzata politicamente al suo interno ed è percettibile dai dati che abbiamo esposto quanta ricchezza il santuario potesse accumulare, specialmente quello di Delfi, alla luce di queste premesse appare singolare il fatto che non poté procedere al conio di una moneta comune (con una sola eccezione che fu un tentativo che si concluse dopo pochi anni) ed alla costituzione di un esercito “anfizionico” unitario. Possiamo dedurne che l’effettivo livello di potere reale di tali strutture federali, nonostante il forte valore simbolico del sinedrio, fosse limitato.

Tuttavia secondo le fonti gli ieromemnoni non svolgevano il solo compito di amministrare il santuario delfico, ma sembra avessero competenze amministrative, giuridiche, legislative allargate. Le loro decisioni si estendevano all’insieme dei Greci. Formalmente avevano la possibilità di infliggere pene ad una persona fisica, ad un arconte o anche ad un’intera città, che poteva essere o non essere membro dell’anfizionia stessa; potevano offrire la loro protezione a persone ed a corporazioni; con un loro decreto veniva sancito l’ampio riconoscimento del diritto di asilo di un santuario o di una città. Inoltre per decreto stabilivano per l’insieme dei Greci l’isotimia[9] del tetradramma attico[10], con severe pene per i trasgressori e gli insubordinati (il documento pare si riferisca alla fine del II sec. a.C.)[11].

Come prima accennato è interessante notare al fine di capirne l’importanza che dovette rivestire tale anfizionia che in un anno compreso fra il 339/8 e il 337/6 a.C., l’Anfizionia delfico-pilaica (che possiamo definire il più antico organismo panellenico), decise di fondere insieme le diverse monete accumulatesi nel corso dei secoli nel tesoro del tempio di Delfi e di coniare una nuova moneta, il kainòn amphiktionikón. Questa emissione durò circa 5 anni e poi fu abbandonata.

Di questo avvenimento non ci informa nessuna fonte storica, ma soltanto alcune iscrizioni delfiche e una trentina di monete argentee con l’immagine di Apollo e di Demetra e la leggenda kainòn amphiktionikón, che ne attestano l’esistenza. L’aggettivo kainós indica “nuovo”: con la denominazione stessa della moneta, si è voluto rimarcare la novità e l’importanza dell’emissione stessa[12].

Come abbiamo visto, quindi, gli stati membri inviavano lo stesso numero di funzionari e godevano dei medesimi diritti di partecipazione ai sacrifici, ai tributi da versare al santuario centrale ed alle feste che vi venivano celebrate, per potersi assicurare in cambio, sempre su base paritaria, la benevolenza della divinità ivi venerata. È verosimile che, per criteri di ordine pratico e geografico, in occasione delle grandi feste cultuali o delle adunanze venissero discusse e deliberate anche questioni di carattere politico.

25.01.2022

[1] Per citarne alcuni possiamo citare la nascita di nuove forme religiose (i templi nei quali tutti i fedeli otevano partecipare al culto), l’avvento della scrittura, lo sviluppo artistico, la ripresa delle comunicazioni e dei rapporti a lunga distanza anche attraverso il commercio marittimo.

[2] SIEWERT P., Il federalismo nel mondo greco fino al 338 A.C., in ZECCHINI G. (a cura di), Il federalismo nel mondo antico, Crema, 2005, p. 5

[3] SIEWERT P., Il federalismo nel mondo greco fino al 338 A.C., in ZECCHINI G. (a cura di), Il federalismo nel mondo antico, Crema, 2005, p. 8

[4] SIEWERT P., Il federalismo nel mondo greco fino al 338 A.C., in ZECCHINI G. (a cura di), Il federalismo nel mondo antico, Crema, 2005, pp. 8-9

[5] Questa notizia, secondo la quale da una fessura della terra fuoriuscissero dei vapori evidentemente allucinogeni, non è stata confermata dalle indagini geologiche moderne.

[6] Luigi Piccirilli, 1972

[7] Ettore Pais, 1908

[8] SIEWERT P., Il federalismo nel mondo greco fino al 338 A.C., in ZECCHINI G. (a cura di), Il federalismo nel mondo antico, Crema, 2005, pp. 8-9

[9] Ad Atene era così chiamata l’uguaglianza e la parità nel concorrere alle cariche pubbliche.

[10] DOUKELLIS P., Idee e pratiche in età ellenistica imperiale, in ZECCHINI G. (a cura di), Il federalismo nel mondo antico, Crema, 2005, pp. 60, 75-76, con riferimento a LEFÉVRE, Documents amphitioniques, in Corpus des inscriptions de Delphes, vol. IV, 2002, n. 127

[11] DOUKELLIS P., Idee e pratiche in età ellenistica imperiale, in ZECCHINI G. (a cura di), Il federalismo nel mondo antico, Crema, 2005, pp. 58-62

[12] SORDI M., Un tentativo di moneta unica nella Grecia del IV secolo a.C.: il kainon amphiktionikon”