Gio. Nov 21st, 2024

Evropa

16 Dicembre 2021

Fernando Volpi

 

In un pianeta senza più distanze, iperconnesso per necessità di mercato, pericolosamente sbilanciato nella crescita demografica e senza più misteri da svelare per i pochissimi moderni esploratori, ha un senso la parola Evropa?

Non è per nulla banale iniziare con una domanda, con questa domanda, il viaggio di chi, novello pellegrino lungo i sentieri di un mondo in dissolvenza, non può fare a meno di riflettere sulla liquidazione, sì lenta ma inarrestabile, di una cultura cresciuta per più di due millenni tra Cabo da Roca e gli Urali, tra Lampedusa e Capo Nord. Ma è a questa amara constatazione, alla quale è difficile approcciarsi psicologicamente che, oggi più che mai, dobbiamo dare risposte, spingendoci al contempo a riaffermare come ancora esistenti i limiti fisici, etnici e culturali di una realtà, che è anche e soprattutto spirituale.

Ecco dunque che la parola Evropa non solo ha un significato nei termini di quella concretezza a volte eccessiva che la modernità ci richiede, ma lo ha ancor di più sotto il profilo metafisico e metapolitico: essa diventa il limes ultimo di una concezione del mondo, superato il quale non ci saranno più argini a contenere l’onda melmosa, lenta ma incessante, che renderà tutto anonimo, indifferenziato, pronto per le “magnifiche” sorti dell’era del mercato. Un’era con un’umanità destinata nel lungo periodo a divenire sessualmente uniforme, semirobotizzata per essere idonea a svolgere compiti anonimi e ripetitivi e abituata a consumare prodotti standardizzati; insomma, per dirla con un’espressione futuribile ma non troppo, e cercando di non essere cassandre, il cammino verso la nascita dell’Uomo Sintetico è da tempo iniziato.

L’iniziativa editoriale che, assumendo il nome di Evropa, si carica sulle spalle il peso di un pezzo considerevole della storia del genere umano ha dunque uno scopo preciso: la difesa della diversità etnoculturale di un continente e delle sue stirpi, assediate dai mali del modernismo mercatista che, per poter ben funzionare, richiede una indiscutibile standardizzazione. Ma questa deriva non può diventare il triste traguardo preconizzato trenta anni fa da Fukuyama, che assedia e cerca di distruggere quella bellezza e quelle tradizioni che centinaia di generazioni hanno gelosamente custodito e tramandato fino ai giorni nostri.

Alla deriva si risponde remando contro, anche se questo può sembrare oggi sovraumano o quasi inutile. Si deve rispondere perchè non sta nelle corde di un europeo ritenere inutile una sacrosanta battaglia di civiltà. Quando i resti della gloria imperiale romana bruciavano ovunque all’indomani della fine dell’Impero d’Occidente, dei frati cominciarono a costruire conventi dove, con stoicismo e pazienza disinteressata, iniziarono a scrivere, scrivere e scrivere, dando vita ad una delle più grandi opere che l’umanità abbia mai conosciuto: tramandare alle generazioni future un giacimento inestimabile di scienza e conoscenza. A quei frati si unirono cavalieri e sovrani, alla guida di eserciti e genti che intesero trasmettere Evropa nelle carni vive dei loro popoli. Certo, lo fecero anche attraverso atti che oggi riteniamo esecrabili, uccidendo e facendosi uccidere, ma anche costruendo opere di mirabile bellezza, creando città, modellando territori, producendo arte, scienza e cultura dal valore immenso. Ecco, tutto questo è stato ed è Evropa.

Dalla consapevolezza dell’esistenza di questa miniera di ricchezza che ci appartiene, dobbiamo trarre il convincimento che la salvezza di Evropa è una missione, forse un dovere, per ogni persona che abbia a cuore la propria più intima essenza. A tale onere/onore ci siamo votati, con la speranza che il cammino di questa avventura editoriale, fatta di passione sincera e di dedizione scientifica, sia foriero di tante altre iniziative, nel nome e nel segno di un concetto che permea di se’ le nostre stesse esistenze.

16.12.2021